Vediamo in questo articolo come lo studio grafico dei caratteri tipografici unito ai risultati delle neuroscienze applicate offrano idee e spunti straordinari per le attività di branding, architettura dei siti web, copywriting e molto altro.
1.L’impatto emozionale dei font. Lo studio di Monotype e Neurons
I font cosiddetti “istituzionali” sono una delle prime scelte che compie un’Azienda in merito alla costruzione della propria immagine. Insieme a un grafico interno o a un team di professionisti del settore viene studiato e scelto il logo, i colori, i font principali e quelli di accostamento. Il tutto viene successivamente codificato all’interno di un documento, il Brand Book, il manuale d’uso del logo e dei caratteri tipografici istituzionali, che un’Azienda dovrebbe diffondere internamente ed esternamente.
Ci sono alcune domande che tutti i professionisti si pongono prima di approcciare allo studio grafico del logo e dell’immagine di un brand. Tra queste:
- Quale font scegliere per il logo e per i caratteri ufficiali?
- Quale font rappresenta meglio l’Azienda e la sua anima?
- Quale sensazione/emozione voglio trasmettere al pubblico?
Queste domande sono fondamentali in differenti settori che hanno a che fare con il web, dal branding al restyling, all’architettura dei siti web e degli e-commerce, al copywriting.
Per rispondere ad alcuni di questi quesiti, Monotype, società che si occupa di grafica e font in collaborazione con Neurons, società che si occupa di neuroscienze applicate, hanno condotto uno studio con l’obiettivo di comprendere come diversi font associati a parole e a slogan siano in grado di influenzare le emozioni umane.
Le domande di partenza che si sono posti i ricercatori sono state, principalmente due:
- I font sono in grado di orientare la risposta emotiva umana di fronte a loghi e slogan?
- Quali font riescono a stimolare una risposta emotiva di fiducia del futuro consumatore nei confronti di un brand?
Lo studio ha coinvolto un campione misto di circa 400 soggetti ai quali sono stati somministrati i seguenti stimoli:
- Parole singole
- Frasi generiche
- Frasi contenenti un riferimento preciso a uno specifico brand
Ognuno dei 3 stimoli è stato associato ai 3 font selezionati per l’indagine, rispettivamente:
- FS Jack (un Sans “umanistico”, figlio della tradizione calligrafica)
- Gilroy (un Sans dal sapore più geometrico)
- Cotford (un Serif sinuoso)
Per ogni stimolo il campione di soggetti doveva indicare la propria risposta emotiva sulla base di una scala emozionale suddivisa nelle sensazioni “più sincero”, “più memorabile”, “più affidabile”.
Ciò che lo studio, in generale, ha dimostrato è che selezionare un font al posto di un altro è in grado di aumentare la risposta emozionale umana del 13%.
Lo stesso studio è stato condotto sugli slogan. Il font, il carattere tipografico, infatti, è l’abito di uno slogan pubblicitario. Il giusto abito è in grado di esaltare il contenuto, un abito inadatto può portare alla svalutazione di ciò che veste, in questo caso di un messaggio pubblicitario.
Per condurre l’analisi i ricercatori hanno selezionato un gruppo di parole chiave che trasmettono i valori fondamentali di un brand, tra cui:
- Qualità
- Fiducia
- Innovazione
Sono emersi, in relazione ai font utilizzati, risultati differenti. Cotford è stato associato più positivamente degli altri rispetto al valore “qualità”. Cotford, un Serif elegante, non a caso, è spesso utilizzato nel settore della moda e del lusso. FS Jack, un Sans dal sapore umanistico, è associato positivamente alla fiducia ed è il più profondamente sentito dei 3. Golroy invece, un Sans geometrico, è quello che suscita una risposta emotiva più forte il relazione al settore tecnologico e innovativo e funziona meglio con gli slogan lunghi, in ragione della sua leggibilità.
Vediamo nel prossimo capitolo cosa ci insegnano i risultati di questo interessante studio.
2.Scelta del font: non solo una questione di estetica
I risultati dell’analisi condotta da Monotype e Neurons ci hanno fatto riflettere su quanto sia importante la scelta di un font per l’immagine di un brand, sia dal punto di vista del coinvolgimento delle persone che della loro fidelizzazione.
Andando a togliere colori e belle immagini di contesto rimane il messaggio, nudo, essenziale, vestito del solo carattere tipografico. È per questo che la scelta di un font al posto di un altro, associato al giusto messaggio, diviene elemento fondamentale per la trasmissione adeguata di un brand al pubblico.
Sempre dallo stesso studio, inoltre, è emerso un altro dato importante: non è la sola estetica del font a trasmettere certe sensazioni a chi lo guarda. Le emozioni, infatti, dipendono anche molto da chi è il soggetto che le prova. Lo stesso studio, infatti, somministrato in paesi differenti per tradizioni e cultura ha dato risultati molto diversi.
Da ciò si evince come non solo l’estetica, ma anche le tradizioni, la lingua, la cultura di un target di riferimento sono elementi imprescindibili dai quali partire per un adeguato studio di branding.
Un font ha la forza di evocare sensazioni, ricordi, immagini. Per questo, oltre alla sua estetica e alla sua geolocalizzazione, dovrebbe essere importante contestualizzarlo, in modo che sia facile da leggere e che coincida con il messaggio che rappresenta.
Vediamo nei prossimi capitoli i font storici e le nuove tendenze tipografiche per il 2023.
3.Eleganza tradizionale: i font che non passeranno mai di moda
Vediamo in questo capitolo quali sono i font che hanno fatto la storia della tipografia e della pubblicità in Italia e nel mondo.
- Garamond: disegnato a Parigi nel 1530 dal tipografo Garamond su commissione di Francesco I di Francia. Fu rielaborato nel 1958 dall’editore Einaudi e, più recentemente, da Apple nel 1977
- Bodoni: creato da Bodoni, Direttore della Tipografia Reale di Parma, è uno dei font più utilizzati nel mondo della moda e del lusso, da Valentino, Vogue e Lancia
- Didot: creato nel 1700 dal tipografo francese Didot, viene modificato negli anni ’90 e impiegato da moltissimi brand di alta moda tra cui Yves Saint-Laurent, Dior, Boss, Armani
- Futura: creato da Renner a Francoforte divenne il carattere ufficiale della propaganda nazista e antinazista russa degli anni ’80. Famosi i loghi di RAI e RFI
- Gill Sans: creato da Gill nel Regno Unito e considerato uno dei font british per eccellenza fu utilizzato, tra gli altri, dalla Chiesa d’Inghilterra e dalla BBC
- Helvetica: disegnato nel 1957 dal designer svizzero Miedinger è il font usato nel logo di Coca-Cola, Spyke, Lufthansa, Harley Davidson
- Lato: disegnato dal designer polacco Dziedzic è il font che veste il logo di Google
4.Le nuove e irriverenti tendenze font per il 2023
Quali saranno i font che faranno tendenza nel 2023? Vediamoli insieme!
- Irregardless: disegnato da Ohno Type nel 2021 è stato definito dallo stesso creatore un font “irriverente, scomodo, nuovo”. Un carattere che, siamo sicuri, si farà notare per la sua voglia di rompere gli schemi (e gli schermi) tradizionali
- NaN Tragedy: rilasciato nel 2019 da NaN, studio di progettazione grafica di Berlino, è stato definito dai sui creatori un carattere “contemporaneo, vivace ma robusto, energico, figlio della chimera di due epoche”. Appare con la sua struttura differente, non convenzionale, eppure leggibile ed essenziale
- Everett: rilasciato da Paparelli nel 2021 è un font minimalista ma avvolgente, ispirato al lavoro del fotografo americano Everett
- Rainer: progettato nel 2021 per Vectro, azienda di Portland, è un font geometrico, elegante e particolarmente adatto a titoli e tipografia stampata
- Iskry: creato nel 2020 a Varsavia significa “scintilla” in polacco, perché, proprio come una piccola scintilla stravagante si accende, illumina tutto a scorre via. Adatto per testi brevi e visualizzazioni a schermo
- Humane: ideato in India è stato dedicato dal suo progettista all’umanità intera. Un font amorevole e compassionevole, che invita all’unione e alla fratellanza
- Roboto: ideato nel 2011 è un font geometrico dalla duplice anima, robotica e sinuosa, che lo rende perfetto per il web
- Epicene: carattere barocco frutto della rivisitazione dei caratteri tipografici disegnati da Rosart e Fleischmann nel 1700. La sua rivisitazione è stata definita come “un esperimento che combina la conoscenza storica al rigoroso artigianato contemporaneo”
Come scegliere quindi un font, in base alla sua storicità o in base alla sua attualità? Ragionare su questo punto è essenziale nel contesto di un lavoro di branding o di restyling, applicato a un logo, a un sito o a un testo.
In generale, i font “tradizionali” sono sicuramente più affidabili, in ragione di una storicità visiva acquisita negli anni. Scegliere un carattere “storico” può aiutare, inoltre, ad associare meglio un brand a un determinato concetto o sensazione, dato che è già stato studiato, verificato e impiegato con successo da altri marchi.
Se prendiamo come punto di riferimento una rosa di brand celebri è sempre importante analizzare e verificare anche i vari restyling di font nel tempo. Barilla o Pepsi, per citare due famosissimi brand, hanno fatto numerosi restyling tipografici negli anni, andando spesso in una direzione più attuale o, al contrario, tornando alle origini. È importante quindi, se prendiamo a modello un logo celebre, verificare i suoi aggiornamenti nel corso degli anni.
Se optiamo, invece, per un font nuovo, rilasciato negli ultimi anni, avremmo sicuramente davanti una scelta più azzardata ma, proprio per questo, più originale e “di rottura”. Non avremmo studi a nostro favore dai quali prendere spunto ma potremmo, per esempio, testare differenti opzioni su un campione di persone vicine all’Azienda. Da ricordare in questa fase di test l’importanza della giusta selezione dell’ampiezza del target, da misurare sempre in accordo con la tipologia del brand, il settore di mercato, la sua territorialità e la sua anima.
Tutti questi elementi concorreranno al successo del tuo brand e alla sua durevolezza alla prova del pubblico e del tempo.
Bibliografia
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